Infedeltà coniugale anche via social: tra addebito e risarcimento del danno

Infedeltà coniugale anche via social: tra addebito e risarcimento del danno

INDICE:

1. Addebito e Risarcimento del danno nella separazione giudiziale
2. Il dovere di fedeltà coniugale 4.0 spiegato in breve
3. L’infedeltà, in qualsiasi forma si concretizzi, non determina automaticamente l’addebito della separazione
4. La prova del tradimento virtuale e il diritto alla privacy
5. Il coniuge danneggiato dal comportamento del partner può richiedere il risarcimento del danno da “illecito endofamiliare”
6. Conclusioni


L’infedeltà coniugale è sempre causa di addebito della separazione? A cosa ci si riferisce quando si parla di infedeltà coniugale in un’aula di Tribunale? Sempre e solo all’adulterio? Oppure chat, like sui social, scambio di contatti telefonici o per email realizzano anch’essi una violazione del dovere di fedeltà?

E ancora: si può chiedere il risarcimento del danno al coniuge che tradisce?

Questioni spinose, soprattutto se si considera che social network, chat e app di incontri stanno entrando prepotentemente nelle vite di tutti noi e lasciano spazio a tentazioni e relazioni facilmente occultabili. Il rischio di scoprirle? Quello di violare la privacy del coniuge o di vedersi rifiutare la richiesta di addebito e di risarcimento del danno. Sempre che siano dovuti…

Ma andiamo con ordine.

 

Addebito e Risarcimento del danno nella separazione giudiziale

Quando i coniugi in crisi non trovano un accordo sull’opportunità e le condizioni per interrompere la convivenza e sospendere così alcuni degli effetti del matrimonio, anche solo uno dei due, può avviare l’azione per ottenere la separazione giudiziale.

Ed è proprio in sede di separazione giudiziale che assumono rilievo i motivi e le presunte “colpe” alla base della crisi matrimoniale.

Molto spesso accade infatti che nella procedura per ottenere la separazione giudiziale sia richiesto anche l’addebito della stessa all’uno o all’altro coniuge, cioè l’accertamento da parte del giudice della violazione dei doveri coniugali da parte di uno dei due. 

In altre parole, l’addebito definisce chi tra i due coniugi ha avuto una condotta tale da causare la crisi matrimoniale che ha portato alla separazione.

 

Quali sono le conseguenze dell’addebito? 

Lo sottolineiamo perché ci tornerà utile tra poco: la violazione dei doveri coniugali, può essere causa di addebito solo se questa abbia determinato, di per sé sola, l’intollerabilità della convivenza e l’impossibilità della prosecuzione del matrimonio. 

In questo caso, il coniuge a carico del quale sia riconosciuto l’addebito, oltre alla condanna alle spese legali, perderà il diritto ad ottenere l’assegno di mantenimento e i diritti successori nei confronti dell’altro: una sanzione patrimoniale, di fatto, come conseguenza di una condotta scorretta.

Dall’altro lato, invece, il coniuge a cui non è addebitata la separazione potrà chiedere all’altro anche il risarcimento dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) subiti a seguito della violazione dei doveri matrimoniali: addebito come fonte di responsabilità extracontrattuale.

Abbiamo parlato di doveri coniugali, ma quali sono nello specifico?

Ci risponde in modo chiaro l’art. 143 secondo comma del codice civile, di cui tra l’altro viene data lettura in sede di celebrazione del matrimonio:

“Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco
–  alla fedeltà,
– all’assistenza morale e materiale,
– alla collaborazione nell’interesse della famiglia e
– alla coabitazione.”

 E aggiunge che “Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.”

 

Il dovere di fedeltà coniugale 4.0 spiegato in breve

In questo articolo ci occuperemo solo del primo tra i doveri coniugali sanciti dal codice civile ossia l’obbligo di fedeltà, la cui violazione più tipica è il tradimento inteso, in senso tradizionale, come rapporto sessuale extraconiugale.

 

La giurisprudenza più recente però, sembrerebbe aver ricompreso nella categoria dell’infedeltà coniugale anche alcuni comportamenti di infedeltà platonica, apparente e/o virtuale.

Stando alle ultime pronunce della Cassazione, infatti, l’obbligo di fedeltà non consisterebbe solo nel divieto di intrattenere relazioni amorose e/o carnali fuori dal matrimonio, ma, anche di non tenere comportamenti che possano tradire, in senso più ampio, la fiducia o ferire la dignità del partner.

Si potrebbero quindi considerare violazioni del dovere di fedeltà anche i casi di tradimento virtuale e tradimento apparente in quanto deleteri per la prosecuzione della comunione materiale e spirituale della coppia.

Alcune condotte qualificate dalla giurisprudenza come tradimento “virtuale”:

sexting:  conversazioni a sfondo sessuale intrattenute via chat con altre persone
– iscrizione a siti di appuntamenti  (Tinder, Badoo, Gleeden, Meetic, etc.) (Cass. Ord. 9384/2018).
email e messaggi che facciano ritenere un coinvolgimento quanto meno emotivo o sentimentale rispetto ad un soggetto terzo alla coppia(Cass.14414/2016 e Cass. 5510/2017).
– il dichiarare, sui Social Media di essere single in costanza di matrimonio (Trib. Palmi 6/2021).

Rientrano, di contro, nella cd. infedeltà apparente tutti quei casi in cui il tradimento non venga consumato, né fisicamente, né virtualmente.

Tutti quei casi quindi in cui la condotta di un coniuge fa solo supporre ai terzi l’esistenza di una relazione extraconiugale, anche se in concreto una relazione non c’è affatto. 


Qualche esempio?

  • l’atteggiamento del marito che ha concesso effusioni in pubblico ad un’altra donna (Cass. 9472/1999)
  • il far credere a terzi di avere un rapporto fedifrago  (Cass. 29249/2008)
  • il comportamento e le dichiarazioni finalizzate esclusivamente a convincere il coniuge di aver tradito o di vivere una relazione extraconiugale.

Perché in questi casi l’infedeltà, realizzata anche solo virtualmente o fittiziamente, è equiparata al vero e proprio adulterio? 

 

È un processo alle intenzioni? 

 

Sicuramente no, semplicemente se in passato si riteneva che l’unica violazione dell’obbligo di fedeltà fosse costituita dall’adulterio, ai nostri giorni si sono ampliati i comportamenti “infedeli” a tutte quelle condotte, anche non sessuali, che comportino una lesione del reciproco dovere di devozione tra i coniugi e quindi della comunione materiale e spirituale che sta alla base del matrimonio.


Proprio questo ampliamento ha fatto sì che i giudici addebitassero la separazione al coniuge iscritto ad un sito web di appuntamenti o a quello che ha dichiarato di essere single ed interessato a nuovi incontri sui social network e quindi pubblicamente.

Se in alcuni casi dunque, non serve tradire carnalmente per violare l’obbligo di fedeltà, è anche vero che il tradimento, materiale/virtuale/apparente che sia, non comporta automaticamente l’addebito della separazione. 

 

 

 

L’infedeltà, in qualsiasi forma si concretizzi, non determina automaticamente l’addebito della separazione

Affinché il tradimento possa portare all’addebito della separazione a carico dell’uno o dell’altro, è necessario che vi sia un nesso di causalità tra la condotta infedele e la crisi matrimoniale.

In buona sostanza, per ottenere l’addebito a carico del coniuge infedele è necessario dimostrare che senza la sua infedeltà, il matrimonio non sarebbe entrato in crisi.

Imprecisamente ma efficacemente, si potrebbe affermare che per richiedere l’addebito della separazione, l’infedeltà dovrebbe essere precedente alla crisi coniugale e non una sua conseguenza.

Così, per esempio potrebbe non essere addebitata la separazione alla moglie che abbia tradito ripetutamente il marito a seguito dell’abbandono di questi del tetto coniugale. Contrariamente, potrebbe ottenere l’addebito della separazione la moglie che si limiti a chattare in modo compromettente, su Tinder, durante il viaggio di nozze.

 

Un po’ controcorrente la Corte di Appello di Catania che con sentenza del 30.03.2015 ha ritenuto che le conversazioni a contenuto erotico intrattenute dal marito via chat  non integrassero una violazione del dovere di fedeltà coniugale e conseguentemente non hanno accolto la richiesta di addebito della separazione avanzata dalla moglie a carico del marito.

 

La prova del tradimento virtuale e il diritto alla privacy

Questione ancor più spinosa e dibattuta è come provare che il coniuge abbia intrattenuto conversazioni compromettenti via chat, social o email.

Partiamo dal presupposto che il coniuge che richieda l’addebito della separazione per infedeltà coniugale, deve allegare le prove a fondamento della propria domanda. È necessario dunque dimostrare che la crisi di coppia è causalmente riconducibile in via esclusiva o quasi al comportamento fedifrago dell’altro.

I mezzi di prova ammissibili sono le testimonianze o le prove documentali (fotografie, trascrizioni di chat, copie di email o screenshot vari ed eventuali.)

 


Ma come procurarsi e portare legittimamente in giudizio le chat, le mail, le conversazioni via social, intrattenute dal partner con terzi?

Bisogna tenere conto non solo del diritto alla privacy, ma del diritto, tutelato costituzionalmente, alla segretezza della corrispondenza (art. 15 Cost.), cui sono ormai equiparate anche la posta elettronica e le chat private.

La giurisprudenza non ha dato risposte univoche sul punto: tra marito e moglie il diritto alla riservatezza è attenuato in virtù della condivisione materiale e morale che il rapporto e la convivenza portano con sé ! Oppure solo nel caso di sottrazione del telefonino senza autorizzazione dell’altro, si parla di violazione del diritto alla segretezza ?

In generale, spiare le conversazioni del coniuge senza consenso espresso o tacito configurerebbe il reato di cui all’art 616 c.p. (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza) oltre che una lesione del diritto alla Privacy.

 

Il Tribunale di Larino, ad esempio, con la discussa sentenza del 9 agosto 2017, n. 398, ha rigettato la domanda di addebito della separazione presentata dalla moglie, ritenendo non utilizzabili le fotografie hard, trovate sul computer comune, ritraenti il marito in atteggiamenti sessuali e ciò in quanto dati attratti nella disciplina dettata dal Codice della Privacy e che, per loro natura, avrebbero richiesto la previa autorizzazione del Garante.

Malgrado i contrasti della giurisprudenza, la dottrina si sta allineando nel ritenere che la corrispondenza privata e la trattazione dei dati personali del coniuge possono essere utilizzati in sede processuale, quando l’allegazione di questi sia necessaria per far valere il diritto in sede civile di addebito della separazione. Di contro però è sempre fatta salva la possibilità del danneggiato/fedifrago di presentare querela in sede penale.

L’infedeltà coniugale, reale, virtuale o apparente è quindi motivo di addebito della separazione quando vi sia un chiaro nesso causale tra il comportamento violativo del dovere di fedeltà e la crisi matrimoniale, ma per il coniuge fedifrago le sanzioni non finiscono qui.

C’è di più. 

 

Il coniuge danneggiato dal comportamento del partner può richiedere il risarcimento del danno da “illecito endofamiliare”

Se  il comportamento di uno dei due coniugi è talmente grave da ledere, non solo l’altro coniuge in quanto tale (tramite la violazione dei doveri matrimoniali), ma anche i suoi diritti fondamentali in quanto persona, allora potrebbe sorgere il diritto al risarcimento del danno da illecito endofamiliare.

 

 

Quando potrebbe sorgere tra coniugi il diritto al risarcimento del danno?

Quando la violazione dei doveri matrimoniali <e per quanto qui interessa dell’obbligo di fedeltà> si traduce in un’aggressione ai diritti fondamentali della persona che infligga all’altra/o una sofferenza morale o materiale di portata tale da provocarle/gli un danno ingiusto.

Danno ingiusto risarcibile ex art. 2043 c.c.: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

 

In generale si parla quindi di illecito endofamiliare ogni qual volta la violazione dei doveri coniugali/familiari viene posta in essere da un familiare nei confronti di un altro (moglie-marito/padre-figlio/madre-figlio) ed è così grave da ledere i suoi diritti protetti a livello costituzionale.

Nell’individuazione della condotta lesiva bisogna considerare i soggetti come persone, non solo coniugi,  in quanto tali aventi il diritto di autorealizzarsi nella famiglia ma anche al di fuori della stessa.

 

A titolo di esempio è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno:

  • a una donna in stato interessante il cui marito aveva allacciato una relazione extraconiugale;
  • a una donna relegata dal marito nel ruolo della badante della di lui madre e poi abbondonata;
  • a una donna umiliata dal marito anche di fronte ad amici e familiari;
  • al marito la cui moglie aveva avviato in costanza di matrimonio una relazione omossessuale.

…ma attenzione  ad essere destinatario della richiesta risarcitoria può anche essere l’amante !

 

Conclusioni  

Potremmo dire che addebito e risarcimento del danno corrono su due binari differenti, seppur non paralleli.

Quindi per semplificare al massimo:

  • se il coniuge non ottempera ai doveri matrimoniali e questo causa la crisi della coppia, ci sono i presupposti per ottenere l’addebito della separazione a carico dell’altro.
  • l’infedeltà coniugale si può realizzare anche senza tradimento materiale.
  • se per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca nell’altro coniuge, la condotta sfocia nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto (es. diritto alla salute o alla dignità personale), si può proporre domanda di risarcimento del danno. 

In tali contesti meglio essere molto attenti a come si recuperano le prove su cui fondare la domanda di addebito della separazione e/o di risarcimento del danno per evitare di incappare in violazioni di rilevanza penale o anche solo di vedersi rigettare dal Tribunale le proprie domande per inutilizzabilità delle informazioni raccolte in violazione della normativa sulla Privacy.

 

 


 

Attenzione:
Le informazioni sopra riportate non sostituiscono una consulenza legale specifica resa direttamente all’interessato ma hanno il solo scopo di commentare, per fini divulgativi, la normativa in vigore. La disciplina sul tema in oggetto potrebbe variare per effetto di disposizioni concomitanti e/o successive alla pubblicazione datata 15/02/2022.

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