Mobbing sul lavoro: cos’è e come tutelarsi

Mobbing sul posto di lavoro: che cos’è, cosa fare, come difendersi e dimostrarlo. L’approfondimento del nostro Studio Legale.
- Che cos’è il mobbing?
- Mobbing – Definizione
- I diversi tipi di mobbing sul lavoro
- Alcuni esempi di condotte mobbizzanti
- I danni per la vittima di mobbing
- Mobbing sul lavoro – Cosa fare?
- Conclusioni
Che cos’è il mobbing?
Il termine “mobbing” indica un insieme di comportamenti aggressivi, ripetuti e continuati nel tempo contro una persona (vittima) da parte del datore di lavoro, dei superiori o dei colleghi di pari grado. Deriva dal verbo inglese “to mob” che significa accerchiare, aggredire, assalire uno o più soggetti.
Un termine a dir poco calzante, dunque.
Ma qual è la definizione di mobbing dal punto di vista giuridico ?
Mobbing – Definizione
A tutt’oggi, stante l’assenza di una specifica normativa, quando si parla di mobbing si è soliti riferirsi a quello che la giurisprudenza maggioritaria ha definito come:
“una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei membri dell’ufficio o dell’unità produttiva in cui è inserito o da parte del suo datore di lavoro, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo.”
Da questa definizione si ricava che per poter parlare di mobbing è necessario ricorrano i seguenti elementi:
- Una pluralità di comportamenti vessatori, prolungati e ripetuti nel tempo, diretti in modo sistematico contro un lavoratore (c.d. elemento oggettivo);
- Detti comportamenti devono essere attuati da un soggetto (mobber) facente parte dell’organizzazione aziendale in cui la vittima presta la propria attività lavorativa (c.d. elemento soggettivo);
- La condotta mobbizzante deve essere lesiva della salute o della personalità della vittima-dipendente;
- Il nesso eziologico (causa – effetto) tra condotta costituente il mobbing e il pregiudizio dell’integrità psicofisica del lavoratore.
I diversi tipi di mobbing sul lavoro
In base alla relazione tra chi pone in essere la condotta vessatoria e chi la subisce il mobbing può essere :
Mobbing verticale
Ricorre quando la vittima di mobbing sul lavoro e chi perpetra la condotta “persecutoria” sono legati da un rapporto gerarchico.
A sua volta il “mobbing verticale” si distingue tra:
- Mobbing discendente o c.d. bossing
Quando si verifica ai danni di un sottoposto da parte di un lavoratore in posizione gerarchicamente superiore: direttore, capoufficio, caporeparto, etc. Se è vero che un superiore, sul luogo di lavoro ha il dovere di coordinare e ordinare ai propri sottoposti, nel caso in cui si configuri un uso eccessivo, arbitrario o illecito del potere connaturato al ruolo professionale ricoperto dal mobber, ci si trova in presenza di mobbing. Spesso avviene in attuazione di una subdola strategia finalizzata ad indurre un soggetto a dare le dimissioni.
- Mobbing ascendente
Quando la vittima è in una posizione superiore rispetto a chi perpetra la condotta vessatoria : È il caso, abbastanza raro di “ammutinamento” nei confronti di un superiore del quale vengano lesi ruolo ed autorità.
Mobbing orizzontale
La condotta mobbizzante è realizzata da uno o più colleghi nei confronti di un altro lavoratore di pari livello anche per motivi di incompatibilità caratteriale o ambientale. Es.:motivi etnici, religiosi, sessuali, etc.
Doppio mobbing
Ricorre quando le ripercussioni della condotta mobbizzante si riflettono anche sulla famiglia della vittima andando a pregiudicare ed intaccare la relazione endofamiliare.
Straining
È una situazione a metà strada tra il mobbing ed il semplice stress insito nel lavoro. È stato definito come una situazione di stress forzato sul posto di lavoro”, in cui la vittima, posta in persistente inferiorità rispetto alla persona che lo attua, subisce almeno un’azione caratterizzata da forte stress e posta in essere con l’intento specifico di discriminarla e di provocare un peggioramento costante e permanente della sua condizione lavorativa, o di quella di tutte le persone coinvolte.
Ma quali possono essere in concreto i comportamenti idonei a concretizzare un’ipotesi di mobbing sul posto di lavoro?
Alcuni esempi di condotte mobbizzanti:
- Il lavoratore che viene obbligato a lavorare in condizioni particolarmente scomode (in una zona inospitale dell’azienda, in sedi disagiate, con strumentazioni difettose o rotte, etc.)
- Il lavoratore che invece di essere coinvolto nelle dinamiche dell’azienda , viene sistematicamente escluso da riunioni, progetti, comunicazioni aziendali, aggiornamenti e/o comunque che ne viene avvisato in ritardo sì da impedirgli un’adeguata preparazione.
- Il lavoratore cui vengono tolte alcune delle mansioni che normalmente dovrebbe svolgere in virtù del ruolo ricoperto e/o viene incaricato a svolgere altre attività di fatto dequalificanti o al contrario viene sottoposto ad un eccessivo carico di lavoro oggettivamente insostenibile.
- Il lavoratore fatto oggetto di insulti, pettegolezzi, diffusione di fotomontaggi, uso di nomignoli canzonatori, continui richiami, umiliazioni in pubblico, ecc., che possono sfociare persino in attacchi fisici o aggressioni alla sfera sessuale.
- Il lavoratore sottoposto a controllo sistematico, eccessivo ed ingiustificato del proprio operato.
- Il lavoratore cui vengano negati senza motivo permessi, benefit o giorni di ferie.
Naturalmente dette condotte per essere considerate mobbing ed avere rilievo giuridico, devono :
- essere ripetute sistematicamente;
- essere tese all’emarginazione/isolamento di un soggetto;
- avere arrecato un pregiudizio alla vittima.
I danni per la vittima di mobbing
Le conseguenze psicofisiche sul lavoratore vittima di mobbing possono essere devastanti. Purtroppo per la loro varietà non sempre sono di facile riconduzione eziologica a comportamenti subdoli ed impalpabili come la violenza psicologica.
Tra i disagi che la vittima può sperimentare vi sono il disturbo da disadattamento lavorativo, disturbo post-traumatico da stress, ansia, depressione, perdita di autostima, insonnia, isolamento.
Come campanelli d’allarme il mobbing può, nel più ampio spettro stressogeno, causare cefalea costante, gastrite, nevrosi, tremore, tachicardia e in alcuni casi portare persino al suicidio.
In sostanza il mobbing può :
- Danneggiare sia fisicamente che psicologicamente il lavoratore;
- Menomare la capacità lavorativa e la vita sociale di un lavoratore.
Mobbing sul lavoro – Cosa fare?
Si stima che solo l’1% dei casi di mobbing venga denunciato (d’altronde quali ritorsioni potrebbe subire il lavoratore che denuncia e come potrebbe peggiorare la sua situazione al lavoro?) e di queste, il 70% delle presunte vittime di mobbing si vedono dar torto dalla Magistratura del Lavoro. In caso di accertamento poi, le condotte vessatorie producono un risarcimento, in media, di poco più di 28mila euro.
Sono numeri che creano sconforto e che troppo spesso fanno desistere i lavoratori dall’intraprendere un’azione in questi termini.
È meglio rinunciare e soccombere al mobbing dunque? Sicuramente no.
Seppur allo stato attuale non vi sia una specifica normativa in materia di mobbing, i mezzi di tutela esistono, anche se generici. Ciò che diventa fondamentale, indipendentemente dal vestito giuridico che il legale incaricato darà all’azione, è raccogliere le prove della condotta mobbizzante.
Avere le PROVE di quanto ci si trova proprio malgrado a subire è FONDAMENTALE laddove sia intenzione della vittima rivolgersi al GIUDICE per ottenere giustizia.
A seconda delle peculiarità del caso concreto poi sarà il legale a valutare quale tipologia di azione proporre:
- Azione di adempimento
L’ art 2087 c.c. stabilisce infatti in capo al datore di lavoro l’obbligo di proteggere l’incolumità dei lavoratori, adottando tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro. Quindi agire per l’applicazione dell’art. 2087 c.c. può costringere il datore di lavoro a porre fine alle condotte mobbizzanti.
- Eccezione di inadempimento
In caso di inadempimento del datore di lavoro agli obblighi di cui all’ art. 2087c.c. è consentito al lavoratore di rifiutare la propria prestazione. In altre parole: fintanto che il datore di lavoro non adempia all’obbligo di garantire un luogo di lavoro sano, allora il lavoratore può (in linea teorica) rifiutarsi a sua volta di prestare la propria prestazione lavorativa.
- Azione di risarcimento dei danni
Quando vi è la prova oggettiva delle lesioni psicofisiche ed i pregiudizi subiti dal lavoratore a causa ed in conseguenza della condotta mobbizzante del datore di lavoro/superiore/colleghi è senz’altro opportuno avviare un’azione per ottenere il risarcimento dei danni.
Cosa fare in concreto in caso di mobbing
- Parlare e condividere la situazione che state vivendo:
raccontare quanto si sta subendo a persone fidate sul luogo di lavoro, a familiari, sindacati. Questo può essere utile per trovare supporto ed orientamento in una situazione in cui è facile soccombere.
- Annotare le condotte mobbizzanti
È consigliabile appuntare su un diario le varie vessazioni subite con data, descrizione del fatto e testimoni presenti e cercare di comunicare formalmente con i colleghi e superiori via mail. Anche delle richieste che vengono fatte a voce, dei compiti affidati en passant, oralmente, è buona pratica chiedere conferma scritta, anche se non si riceve risposta questo scambio di corrispondenza potrà aiutare a livello probatorio.
- Rivolgersi ad un medico
Se la situazione lavorativa sta già causando un pregiudizio psichico (ci si sente sopraffatti, depressi, ansiosi, irritabili) e/o fisico (gastrite, eritema, insonnia, ipertensione, etc..) è meglio rivolgersi ad un medico per farsi rilasciare dei certificati che documentino le conseguenze subite sul piano psicofisico e ove occorra vi metta in malattia. In questo caso il medico rilascerà una certificazione medica, utile sia ai fini della prova in sede giudiziale, sia per potersi assentare dal lavoro per malattia. - Chiedere la disponibilità a testimoniare
a colleghi/ex-colleghi, superiori, terzi (fornitori, clienti, etc.) che hanno magari assistito ad episodi significativi. - Rivolgersi ad un avvocato per scegliere insieme la migliore strategia di tutela.
Conclusioni:
Nel caso in cui si pensi di essere oggetto di condotte di tipo mobbizzante è fondamentale rivolgersi ad un legale per inquadrare il caso concreto, gli scopi che ci si prefigge di raggiungere (reintegro delle proprie mansioni, sospensione legittima dell’attività lavorativa, risarcimento del danno etc….) e ricevere consiglio su come raccogliere elementi di prova ai fini di un futuro contenzioso giudiziale, nel corso del quale l’onere della prova dei pregiudizi subiti graverà sul lavoratore.
Il legale saprà anche orientare sull’opportunità o meno di dare le dimissioni ed eventualmente su come farlo senza pregiudicare la tutela dei propri diritti.
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Attenzione:
Le informazioni sopra riportate non sostituiscono una consulenza legale specifica resa direttamente all’interessato ma hanno il solo scopo di commentare per fini divulgativi la normativa in vigore. La disciplina sul tema in oggetto potrebbe variare per effetto di disposizioni concomitanti e/o successive alla pubblicazione datata 15/3/2022